giovedì 13 giugno 2013

La primavera degli sgomberi, Nizza si prepara per la stagione turistica

In questo primo anno della nuova gestione socialista di François Hollande, la Francia si è distinta almeno per tre elementi: per alcune controverse misure di politica economica atte a far fronte alla crisi incombente, per un lacerante, ma comunque portato a termine, processo di ampliamento dei diritti civili alle coppie omosessuali, e per un crescendo dell’ossessione securitaria. Com’è noto, quest’ultima si esprime essenzialmente in due forme, entrambe ben evidenti nelle attuali politiche d’Oltralpe, quella della perimetrazione territoriale del “rischio” e quella dell’identificazione di gruppi “a rischio” o “rischiosi”.

Per quanto riguarda la spazializzazione del rischio, il primo provvedimento del ministro dell’Interno Manuel Valls è stata l’istituzione delle “zones de sécurité prioritaire”, ovvero di aree urbane o suburbane che «soffrono più di altre di una insicurezza quotidiana e di una delinquenza radicata» o che «conoscono da alcuni anni una degradazione importante delle loro condizioni di sicurezza». Dal settembre 2012 ad oggi, in tutto il Paese sono state individuate ed istituite 64 ZSP, in cui vivono circa 1,7 milioni di abitanti. In concreto, nelle ZSP viene aumentata la presenza della gendarmerie nationale e della police nationale (per la fine del 2014 saranno circa 700 gli agenti di forze dell’ordine impiegati nelle ZSP). Nel breve periodo sono attesi buoni risultati in merito alla diminuzione dei reati, ma molte perplessità permangono sull’efficacia che tale militarizzazione possa realmente incidere sul disagio e sulla precarietà sociale, che come sappiamo sono problematiche di medio-lungo periodo, affrontabili esclusivamente con continue e durature politiche del lavoro e dell’istruzione.


Per quanto riguarda il secondo punto, cioè l’identificazione di gruppi “a rischio” o “rischiosi”, l’era Hollande sembra sempre più in continuità con la presidenza precedente: in particolare, un gruppo etnico tra gli altri è ripetutamente nel mirino, tanto di azioni poliziesche “muscolari”, quanto di esternazioni a dir poco incredibili da parte di taluni politici. Dopo il quinquennio Sarkozy, infatti, i Rom continuano ad essere indicati come un’entità irregolare, ovvero minacciosa e, dunque, che va sfiancata con innumerevoli sgomberi, se non addirittura da espellere. Politici di destra e di sinistra, di livello nazionale come di influenza regionale, si lanciano frequentemente in dichiarazioni piuttosto surreali nell’Europa Unita (e Premio Nobel per la Pace), affermazioni che tuttavia hanno effetti concreti devastanti per migliaia di persone. In un’intervista del marzo scorso, il ministro socialista Valls ha detto che i Rom non «vogliono integrarsi» e che il loro «destino» è «restare in Romania o di farvi ritorno», mentre qualche settimana fa il Presidente del Consiglio Generale della regione nizzarda, Eric Ciotti (Ump), ha affermato che «il posto dei Rom è in Romania e in Ungheria, non nelle Alpes Maritimes».

Tutto ciò fa da sfondo ad una serie di azioni legali e poliziesche che hanno portato l’Associazione Europea per la Difesa dei Diritti dell’Uomo a denunciare che nel 2012 sono stati espulsi dalla Francia 12mila Rom, con un picco nella seconda metà dell’anno, e che dei 63 sgomberi effettuati da luglio a dicembre, solo 15 sono stati accompagnati con un alloggio alternativo.

Come riportava la settimana scorsa Giulia Siviero su “Il Post”, negli ultimi mesi in Francia sono stati sgomberati campi Rom in varie località, da Saint-Denis a Lione, da Nizza a Lille. Lo smantellamento dei campi in cui si sistemano le famiglie Rom, però, non è improvviso, si tratta solo dell’apice di una pressione esercitata dalle autorità che è quotidiana e costante. Il recente ed eclatante sgombero avvenuto a Nizza, ad esempio, è il culmine di una situazione che si trascina da mesi e che, portata allo stremo, si è risolta con l’ennesima espulsione, senza che gli inflessibili amministratori locali avessero avanzato alcuna soluzione dignitosa e duratura.

Per tutto l’inverno, sulle rive destra e sinistra del fiume Var, due accampamenti Rom si erano installati su dei terreni rispettivamente del comune di Saint-Laurent-du-Var (riva destra) e della municipalità di Nizza (riva sinistra). Già a gennaio il sindaco nizzardo Christian Estrosi (Ump) aveva instaurato un braccio di ferro, in merito all’occupazione illegale del suolo, con il prefetto Christian Mirmand, il quale si era impegnato nella ricerca di un altro luogo che potesse accogliere i Rom. La situazione, però, è precipitata agli inizi di maggio, quando le autorità hanno colto il rischio di inondazione del fiume (il cui corso irregolare dà effettivamente luogo a ricorrenti esondazioni) per imporre lo sgombero dei due campi. Attraverso una sentenza del tribunale amministrativo di Nizza (e «per la sicurezza stessa dei Rom», come ha dichiarato Eric Ciotti), l’ordine di evacuazione dell’area è diventato esecutivo, fissato per il 17 maggio. Prima di quella data, tuttavia, gran parte delle famiglie accampate sulle due sponde del fiume ha lasciato spontaneamente il sito, mentre solo alcune hanno continuato a rimanervi, per poi partire anch’esse il 20 maggio.

A questo punto il contenzioso si è spostato nel centro cittadino, dove il 29 maggio è stato sgomberato un immobile privato, che non aveva né acqua né elettricità, dove da alcuni mesi vivevano una quarantina di persone, tra cui 12 bambini, il più piccolo di 3 mesi. Anche in questo caso l’operazione è stata resa esecutiva da una sentenza emessa una settimana prima dal tribunale e che, come nei casi precedenti, non indicava nessuna soluzione alternativa o di sostegno agli sfrattati. Le famiglie interessate sono state portate a Gilette, un paese dell’entroterra nizzardo ad una ventina di chilometri dal capoluogo, presso un altro campo già esistente. Tuttavia, in seguito alle proteste di Viorel Costache (il rappresentante della comunità), il Viceprefetto ha dovuto chiedere alla gendarmerie di riportare i Rom a Nizza. In città l’unico aiuto a queste persone è giunto da alcune associazioni locali, come “Droit au logement 06” e “Collectif Notre Dame des Landes 06” e dalla consigliera comunale Emmanuelle Gaziello (Front de Gauche), che hanno fornito tende e coperte per far fronte all'emergenza. Di lì a poco i membri di tali associazioni hanno individuato un immobile in cui avrebbero potuto soggiornare le famiglie Rom, uno stabile che si trova in un’area agricola abbandonata di proprietà – a loro dire – di un ente pubblico (EPFR, Etablissement Public Foncier Régional). Seguendo il principio - riconosciuto dalla legge - della “réquisition citoyenne”, cioè dell’occupazione simbolica e temporanea a fini di protesta (che si differenzia dallo squat, cioè dall’occupazione stabile di una proprietà altrui), gli attivisti hanno proceduto nella loro iniziativa. Lo scopo non era solo di fornire un tetto alle famiglie sloggiate (tutte con i documenti in regola e con i figli scolarizzati), ma anche di dare loro la possibilità di coltivare un orto, così da «uscire dalla mendicità e inserirsi nella società», come ha affermato la consigliera Gaziello.

L’operazione, però, non è stata effettuata perché, sebbene senza scontri, il massiccio intervento della polizia ha reso impossibile ai militanti di entrare nello stabile, il cui ingresso, tra l’altro, è stato repentinamente murato dagli agenti.

Quel muro di mattoni è l’immagine più appropriata e concreta per rappresentare la caparbia volontà di esclusione da parte del potere locale. In un dispaccio del sindaco di Nizza, il comportamento delle associazioni per il diritto alla casa e quello dei consiglieri d’opposizione impegnati attivamente nel caso è definito «scandaloso, irresponsabile e antirepubblicano». Costoro, ha scritto Estrosi, «incitano gli stranieri irregolari e i Rom a commettere dei reati», per cui «mi auguro che tutti sappiano che coloro che non rispettano le leggi della Repubblica, che i Rom, gli squatter e gli stranieri irregolari non sono i benvenuti sul territorio della città di Nizza». Tutta questa incresciosa situazione, ha concluso il sindaco, è colpa della «politica lassista del Governo».

La Costa Azzurra e il suo celebre capoluogo sono in pieno fermento per il clou della stagione turistica, l’immagine oleografica non può permettersi sbavature, pertanto allontanare ed espellere i non graditi si impone come un’azione urgente e inderogabile. Con buona pace di decine di persone abbandonate a loro stesse e, ancora una volta, stigmatizzate per la loro alterità. di Giovanni Gugg

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