venerdì 4 aprile 2014

27 gennaio, una riflessione sul riconoscimento del Porrajmos

Trascorso il 27 gennaio, è possibile proporre qualche considerazione sui programmi che le varie cittadine italiane hanno dedicato alla memoria delle vittime della persecuzione e dello sterminio nazi-fascista. Mentre in Germania, il 27 gennaio accomuna la riflessione e la commemorazione di molteplici categorie d’internati, tra queste la Shoah a fianco del Porrajmos come persecuzioni di stampo razziale (dall’ottobre del 2012 il memoriale dedicato alle vittime della Shoah e quello dedicato alle vittime del Porrajmos sono vicini tra loro, di fronte al Reichstag), in Italia, commemorazioni sempre più dense di retorica, pongono la narrazione del Porrajmos nell’anticamera della memoria.

Se fino agli anni Duemila non se ne parlava perché non si conosceva, non s’incentivava e non si diffondeva la conoscenza, nell’ultimo decennio il Porrajmos fa la sua prolungata ed educata anticamera secondo due modalità coincidenti: nel primo caso le iniziative promosse non ne parlano non considerandolo neppure parte del tema della memoria, nel secondo caso istituzioni pubbliche organizzano eventi specifici, ma “a parte” rispetto al resto delle manifestazioni, eventi frequentati (poco, ma non è un problema del solo Porrajmos) da specialisti,attivisti, rom e sinti, qualche rappresentante di qualche ente che porta il proprio saluto e subito dopo se ne va.


E’ il risultato della scarsa considerazione politica e sociale riservate a questo gruppo in Italia; scarsa considerazione legata anche al fatto che si tratta di una minoranza che pone di fronte agli occhi questioni scomode ed attuali, proprio per amministrazioni che proseguono da quarant’anni la politica dei campi-ghetto e che, pur conoscendone i risultati disastrosi,spesso non cambiano indirizzo; gli effetti: pochi mezzi di sostentamento,ghettizzazione, che significano anche assenza di strumenti di rappresentanza politica e sociale, dunque un rapporto con le istituzioni da gestire sempre “dall’anticamera”, da un luogo in cui l’attesa per il riconoscimento effettivo si prolunga a dismisura, forse all’infinito.

Il riconoscimento del Porrajmos in Italia attende da tempo in quel medesimo luogo,quasi che non sia un dovere etico e politico delle istituzioni, ma inteso come un favore da concedere ad una minoranza, purché questo non sposti gli equilibri sociali e politici, purché questo non indisponga o indigni qualcuno. Così del Porrajmos in Italia si parla per 5 minuti al Quirinale, il 27 gennaio, concedendo argomentazioni generiche purché il tutto abbia il meno possibile a che fare con la ricostruzione storica dell’evento e si richiami ad un’inerme celebrazione liturgica.

Su tutto questo è necessario riflettere, a settant’anni dal 2 agosto del 1944, la data della liquidazione totale del“settore zingari” di Auschwitz-Birkenau. E’ importante rifletterci in Italia ed in Europa proprio perché potrebbe accadere che sotto la pressione dell’attivismo civile europeo si arrivi al riconoscimento del 2 agosto come giorno da dedicare alle vittime del Porrajmos, anche nella nostra nazione. Il risultato sarebbe salutato da molti come una vittoria, ma in realtà, ancora una volta, non avremmo fatto uscire il Porrajmos dall’anticamera.

Saremmo in una condizione che accentuerebbe ancor di più la separatezza delle memorie, come se ogni categoria potesse al massimo ambire ad ottenere un giorno riconosciuto istituzionalmente durante il quale piangere le proprie vittime, in un immobile mausoleo di morti che insegnerebbero ai vivi soltanto la retorica della celebrazione dei PROPRI caduti. Non credo sia questo l’obiettivo da perseguire.


In presenza di ricostruzione storica documentata, di testimonianze dirette ed indiritte degli internati, di fronte al memoriale di Berlino che ricorda le vittime del Porrajmos a fianco di quelle della Shoah,spinti dall’idea che si debba studiare il processo che ha condotto ad Auschwitz(sotto qualsiasi categoria adoperata dal nazifascismo) piuttosto che fermarsi alla logica della commemorazione ciascuno delle proprie vittime, credo che il tempo dell’attesa nell’anticamera della memoria sia da dichiararsi concluso. Pretendendone la conclusione. Esiste in Italia un Giorno della Memoria, è il 27 gennaio; è il momento di aprirne l’accesso per rinnovare una riflessione il più possibile critica ed inclusiva. di Luca Bravi

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