sabato 29 aprile 2017

Vogliono rapire i bambini rom

Il 21 aprile scorso la Gazzetta di Mantova ha pubblicato una lettera dal titolo “Le colpe dei padri ricadono sui figli” a firma di Maria Cleofe Adani in cui si propone di togliere i figli dalle famiglie rom (vedi foto). Di seguito la risposta a firma di Carlo Berini per l'associazione Sucar Drom, pubblicata ieri 28 aprile dalla quotidiano di Mantova.

Gentile Direttore,
la lettera a firma Maria Cleofe Adani, pubblicata venerdì 21 aprile, insegue una proposta razzista che dal 27 marzo viene propinata all'opinione pubblica da opinionisti e politici, come ad esempio Alessandro Cecchi Paone e Flavio Tosi. La proposta è agghiacciante: togliamo i figli e le figlie alle mamme rom se compiono un reato. In sintesi solo se sei una romnì e compi un reato devi subire una doppia pena: andare in carcere e vederti tolta i figli. Una chiara discriminazione su base etnico/razziale diretta contro le persone appartenenti alla minoranza linguistica rom e sinta. Se non sei una romnì e compi un reato non ti verranno sottratti i figli.


La proposta della Adani è ancora più fanatica e propone di sottrarre i bambini alle famiglie rom se questi rubano le caramelle o se sono troppo vivaci sul treno. Rubare le caramelle ed essere molto vivaci è già segno di asocialità, come prevedeva la cosiddetta “pedagogia zingara” che utilizzava le tesi degli scienziati della razza nazisti e veniva attuata nella scuola italiana fino a pochi anni fa.

La Adani propone qualcosa che è già stato praticato dal 1768 con il primo editto di Maria Teresa d'Austria: rapire i bambini alle famiglie rom. Un paradosso visto lo stereotipo della “zingara rapitrice” che alberga purtroppo ancora nella cultura italiana.

Ma è vero che ai rom non vengono sottratti i bambini? No, tutto il contrario. Nello studio di quasi 600 pagine di Carlotta Saletta Salza "Dalla tutela al Genocidio? Le adozione dei minori rom e sinti in Italia (1985-2005)", commissionato dalla Fondazione Migrantes all’Università di Verona, una famiglia sinta o rom, a parità di condizione con una famiglia non rom, ha il 17% di probabilità in più che le vengano sottratti i figli, ma tale probabilità si alza al 40% se la famiglia vive a Roma.

Nella lettura dello studio, pubblicato sette anni fa dal CISU di Roma, si scopre che i circa duecento casi riscontrati di dichiarazione di adottabilità denunciano un grave “pregiudizio” -così come inteso dal codice civile- nel quale si troverebbe questa volta non il minore rom, ma il contesto istituzionale che ruota intorno a quella che dovrebbe essere la tutela di qualsiasi minore. Una tutela dalla quale il minore rom, paradossalmente, resta escluso.

La situazione è così grave che tutte le Istituzioni internazionali denunciano che sinti e rom vivono in una condizione di grave discriminazione sistemica, ovvero che pervade tutta la società italiana (operatori della giustizia compresi). Lo stesso Governo italiano è stato costretto nel 2012 a riconoscere che i cittadini e le cittadine italiane appartenenti alla minoranza linguistica sinta e rom sono “spesso discriminate, emarginate e stigmatizzate”.

Non contenta la Adani nella sua sua lettera arriva ad associare una minoranza linguistica con un'organizzazione criminale come la mafia e in un crescendo sempre più violento afferma che le famiglie rom insegnano ai loro figli a rubare, molestare, picchiare e violentare.

Chiedo a Lei, Signor Direttore, se non fosse il caso di stigmatizzare con una nota a margine le istigazioni all'odio contenute nella lettera?

E chiedo alla “maestra” Adani come riconosce una famiglie di “nomadi”? Io che faccio parte di un'associazione di sinti e rom dal 1987, non ho mai visto o conosciuto un “nomade” e non saprei proprio come riconoscere per strada un sinto o un rom che già non conosca personalmente.




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